È uno dei fondatori dell’acclamata Carrozzeria Orfeo, impegnata fino al 27 gennaio al Piccolo Eliseo con la sua Trilogia.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Gabriele Di Luca.
I vostri testi sono sempre molto articolati. Quanto è lungo il processo di scrittura?
Di solito tra i 4 e i 6 mesi. C’è la fase preparatoria di ricerca e approfondimenti e poi quella di scrittura vera e propria, che di solito dura 2 mesi.
Dopo poco più di 10 anni di attività siete diventati una compagnia di culto in Italia e non solo. Perché secondo lei?
È ancora strano sentirselo dire! Io credo che il nostro merito principale, oltre alla grandissima applicazione, sia stato irrorare il teatro con la contemporaneità, senza mai disdegnare l’uso dell’ironia (direi che abbiamo recuperato la tradizione comica italiana). Siamo pop, anti-nicchia, sappiamo parlare a tutte le generazioni.
Voi che ci siete riusciti: come si colma la distanza tra le nuove generazioni e il teatro?
Non so se ci sia un vero e proprio segreto. Quello che credo abbiamo fatto noi, è stato concentrarci più di qualsiasi altra cosa sul raccontare una storia senza essere didattici, lasciando che ognuno ne prenda ciò che vuole. Questo credo crei empatia, fa capire che uno spettacolo teatrale non è un “atto privato”. E credo anche che costituisca il motivo per il quale, nonostante la nostra già dichiarata vocazione pop, riesca a farci apprezzare anche da alcuni critici (non tutti, chiaramente), oltre che dal pubblico. Per noi, qualsiasi tipo di spettatore è importante, colto e non. Come, d’altronde, chiunque si trovi a recitare con noi è in grado di percepire l’importanza del suo ruolo per la riuscita dello spettacolo.
C’è una vostra opera che crede rappresenti più delle altre la Carrozzeria Orfeo?
Probabilmente per maturità espressiva Cous Cous Klan, forse è quella che ci rappresenta meglio. Sono però molto affezionato anche a Thanks for Vaselina, che è forse quella più scanzonata.
Quanto è importante per voi contaminare il linguaggio teatrale con quello letterario e cinematografico che sembra permeare i vostri spettacoli?
Molto. Come autore di teatro sento spesso il bisogno di superare certi limiti tacitamente imposti da un certo modo di concepire la drammaturgia. E in questi anni ho guardato con grande interesse alla rivoluzione narrativa che hanno messo in atto le serie.
Vi piacerebbe un giorno rielaborare un classico?
Non ci sarebbe niente di male, ma ormai abbiamo trovato una strada nostra per raccontare quello che ci interessa. E vogliamo continuare a percorrerla.
A tal proposito: ci sono nuove produzioni in vista?
Credo che qualcosa uscirà fuori entro l’estate del 2020. Non è mai facile fare questo tipo di stime, perché tutto dipende dalle risorse che si hanno a disposizione e, in questo momento, ancora non ci è chiaro quale saranno. Però, sì, qualcosa all’orizzonte si profila.http://www.teatroeliseo.com