È la “ragazzaccia” che con Carrozzeria Orfeo interpreta in teatro “donne al limite”. Beatrice Schiros e la compagnia di Gabriele Di Luca si spostano al cinema con “Thanks for vaselina”.
Signora Schiros, lei interpreta un ludopatica travolta dalla vita. Come ci si è avvicinata?
«Libri e video a parte, mi sono affidata all’improvvisazione. Forse è per questo che suscita emozioni così forti E, naturalmente, mi ha aiutato moltissimo raccogliere i pareri dei miei compagni di palcoscenico durante le prove.».
La sua fisicità a teatro è dirompente. Bucherà anche il grande schermo?
«Sono molto critica con me stessa, ma da quello che ho visto mi auguro di sì. Dopo tanta gavetta, spero di riuscire ad affermarmi anche nel cinema. A 52 anni e dopo aver girato i teatri di tutta l’Italia, sarebbe bello avere anche dei riscontri economici maggiori.»
Dopo aver interpretato donne particolari fa fatica a “tornare sulla terra”?
«Non molta. Nelle mie antieroine c’è molto di mio e in me c’è molto di loro. Però non sono bipolare, eh!».
Seppur nella sua particolarità, “Thanks for Vaselina” è la storia di una famiglia. Cosa significa per lei questa parola, ai giorni nostri?
«È una parola molto, molto importante. Io ho avuto due genitori splendidi, che mi hanno sempre supportato in tutte le mie scelte e nei momenti di difficoltà che ho attraversato. Certo, quella protagonista di questa storia è una famiglia molto border line, ma io penso che, seguendo le loro vicende, ognuno di noi possa trovare qualcosa che gli appartiene. D’altronde la base di una famiglia è il sentimento e in queste loro continue peripezie, al di là dei contrasti, ce n’è davvero tanto. Penso al mio personaggio, ad esempio, che, pur tra tutte le difficoltà derivate dalla sua patologia, non viene mai meno al suo amore filiale.».
Con “Cous Cous Klan”, sempre della Carrozzeria Orfeo, quest’anno si è aggiudicata il prestigioso premio Le Maschere del Teatro Italiano a Napoli. È questo il ruolo che sente più suo?
«Quando ho ricevuto la nomination, sono rimasta un po’ perplessa, perché considero lo spettacolo estremamente corale e non ideale a far emergere l’interpretazione dei singoli. Invece alla fine ho vinto e sono stata naturalmente molto, molto contenta. Ancor di più per il fatto che anche Gabriele abbia vinto nella sua categoria (“migliore autore di novità italiana”, ndr). In ogni caso, tra i personaggi che ho portato in scena con la Carrozzeria, il mio preferito è Mirca di “Animali da bar”.».
A proposito di De Luca: la sua regia sembra fatta apposta per favorire la sua carica istrionica. Chi potrebbe valorizzarla altrettanto bene, secondo lei?
«Eh, mi augurerei che ce ne fossero tanti, innanzitutto! Io ho una lista praticamente infinita di persone con le quali mi piacerebbe lavorare: i fratelli D’Innocenzo, Gabriele Mainetti, Alba Rohrwacher, Emma Dante… Spero soprattutto di avere la possibilità di poter incrociare la mia strada con qualcuno di loro, un giorno. Un grande regista è sempre decisivo per noi attori. Mi vengono in mente le straordinarie capacità di Virzì sul set, per fare un esempio: quando ho partecipato a “La pazza gioia”, ho visto come strutturava la recitazione di Micaela Ramazzotti insieme a lei ed era incredibile l’attenzione che mostrava anche al più minuto dei dettagli espressivi.».
C’è un training standard di Beatrice Schiros quando si prepara per uno spettacolo o per un film?
«Io sono estremamente meticolosa, al limite dell’ossessione. Quando devo andare in scena, per esempio, sono abituata a ripassare sempre (da sola o in compagnia) le battute prima ed arrivare in teatro con larghissimo anticipo per sistemare ogni cosa e fare un po’ di riscaldamento con il corpo e la voce. Non saprei proprio mai farne a meno, è la mia natura.».
La collega che ammira di più?
«Anche qui la lista è infinita, mi basta solo pensare a quanti colleghi eccezionali ho incontrato sul mio cammino tra il 1995 e il 2019. Un nome lo faccio, dai: Maria Paiato. ».